UN INNO ALLA FEMMINILITÀ: PALAZZO VENERE ALLA PRIMA STAGIONE
A Roma, a passeggio nella zona del Tridente che conquista sempre il viaggiatore, le novità non mancano.
La via Laurina, nel Rione Campo Marzio, collega Via del Corso a Via del Babuino e si percorre spesso per ritagliarsi invece un tratto di relativa pace nel cuore della città eterna, sempre troppo affollata per chi ama la contemplazione della bellezza dell’arte.
È proprio la dea della bellezza qui invita alla sosta, con il suo stile senza tempo, la sua filosofia che infrange ogni confine temporale e le sue proporzioni dall’equilibrio più ricercato.
Non parliamo esattamente di Venere, dea della Grecia leggendaria poi scolpita nel marmo dal Canova o raffigurata dalle tele botticelliane, ma del Palazzo che ne prende il nome e, da maggio, ha qui aperto i suoi battenti.
E’ un boutique hotel da 12 chiavi tra camere e suite che riprendono vita in un edificio dove anche l’ascensore originariamente in uso al suo interno è stato ripristinato con tessuti e decoro a richiamo delle camere.
In queste ultime, come anche nelle parti comuni, tutto rimanda all’Alma Venus: ricorrono spazi bianchi, quasi marmorei e velluti che riportano alla memoria la dea raffigurata allo specchio di Tiziano, mentre lo splendore dell’ottone, a contrasto in alcuni complementi, agli ori che la incorniciano nei dipinti d’età barocca.
Del resto, ispirandosi proprio a eterni canoni di raffinatezza, Palazzo Venere è un esercizio di stile.
Sembra sospeso in una dimensione senza lancette, con le sue immagini in bianco e nero dedicate alle dive di ieri e di oggi e – contemporaneamente – incline a quel gusto attuale, sobrio e immediato, tra palette cromatiche di tendenza e forme sempre bilanciate.
In nome dell’Afrodite romana, dunque, l’hotel è quasi un inno all’indole delicata della femminilità, come vogliono i canoni della classicità venusiana.
E dietro le quinte della stessa identità di questo recente progetto alberghiero, come per la scelta dei dettagli, ci sono molte donne.
Tra queste, sicuramente la firma degli interni – quella dell’architetta Carlotta Patti – che, quale industrial architect & interior designer in Italia, ha plasmato un risultato suggestivo per viaggiare proprio tra mito e realtà.